Ogni giorno che passa, la proposta di legge Cirinnà sulle unioni civili perde pezzi, peggiora, si svuota.

È l’effetto di due volontà diverse ma convergenti: quella di Renzi che è interessato solo all’incasso mediatico, a poter dire “riforma fatta”, indipendentemente dai contenuti; e quella dei retrocattolici della maggioranza (Ncd, ma ce ne sono anche nel Pd) che fanno il tiro al piccione ottenendo ogni giorno qualcosa in più.

Ieri, tuttavia, il disegno Cirinnà non si è limitato a impallidirsi.

L’ultimo colpo alla dignità delle “formazioni sociali specifiche” (anche il nome ridicolo serve a smussarne la portata) è infatti la decisione, riportata da Repubblica di cambiare il testo sulle cosiddette “stepchild adoption”, cioè sulla possibilità che un/una gay adotti il figlio del suo partner, diventandone legalmente cogenitore.

Secondo la proposta originaria, un/una gay avrebbe potuto adottare anche il figlio adottivo del partner, mentre nell’ultimo testo della maggioranza si dice che potrà adottarne soltanto il figlio biologico.

Il cambiamento creerebbe un discrimine profondissimo, che non ha a che vedere con i gay ma con i minori: quello tra figli biologici e figli adottivi.

Una discriminazione che l’Italia aveva gradualmente superato sia con la legge sulle adozioni del 1983 sia con la (buona) riforma del 2001. Dove si affermava tra l’altro il principio che il diritto all’adozione non è quello dei genitori ad avere un bambino, ma quello dei minori ad avere una famiglia.

Ripeto: in Italia l’adozione è un istituto relativo ai diritti dell’adottando, dei figli.

E, se la legge sulle unioni civili dovesse assumere questi contorni, il figlio biologico di un gay potrebbe godere di questi diritti che invece verrebbero negati al figlio adottivo di un gay.

Il quale pagherebbe quindi la colpa di essere adottivo anziché biologico.

Banalmente, ad esempio, l’adottivo non avrebbe quei diritti ereditari (da parte del partner del genitore) che invece sono garantiti al figlio biologico.

Il testo attuale sulle unioni civili reintroduce dunque una discriminazione tra figli biologici e figli adottivi che in Italia era stata abolita da molto tempo.

A forza di dire che “qualsiasi passo in avanti” è meglio di niente, rischiamo di fare un passo indietro di mezzo secolo.

di Alessandro Giglioli – Fonte

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