Sembrano ragazzi tranquilli, che vanno d’accordo con i genitori, provano appena appena un po’ d’ansia a scuola – giusto quella minima necessaria -, aspirano all’amicizia ed al lavoro. Acque chete, tanto che quasi quasi non ti accorgi che esistono, i ragazzi che non hanno ancora compiuto i 18 anni. Eppure, qualche segno di allarme lo lanciano, e non piccolo. Scappano dalla politica, ma anche dall’impegno sociale e religioso. Amano una serie di comportamenti che mettono a rischio la salute, la legalità, a volte la vita. Insomma, c’è molta corrente sotto la superficie tranquilla.
È stata presentata ieri a Roma l’indagine Capitale adolescenti. La sfida del passaggio all’età adulta in una società complessa”, realizzata dai Salesiani di Roma in collaborazione con l’Istituto Toniolo, l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e l’Università Pontificia Salesiana. L’indagine ha coinvolto 700 adolescenti, iscritti ai primi tre anni di licei, istituti tecnici e istituti professionali della capitale, italiani (84%) e stranieri.

La famiglia e i valori

La prima faccia della medaglia mostra ragazzi che hanno un vero punto di riferimento nella famiglia. Dichiarano di avere un ottimo livello di comunicazione con padre e madre e da loro si sentono sostenuti, ma non soffocati: si sentono infatti abbastanza autonomi. Attenzione, però: dietro questa calma piatta si nasconde, secondo Giuliano Vettorato, direttore dell’Istituto di Sociologia della Facoltà di Scienze dell’Educazione, dell’Università Pontificia Salesiana, «una famiglia che ha rinunciato ad essere normativa e ha scelto di essere solo affettiva». Che, cioè, ha rinunciato a dettare regole e a mediare il rapporto con la società e le istituzioni – ruolo che un tempo spettava al padre – preferendo evitare conflitti nel nome del quieto vivere.
I ragazzi, come accennato, credono in cose solide:  amicizia, amore, tempo libero, lavoro sono i valori vincenti, insieme alla salute e dall’autorealizzazione. La loro evidente fuga dall’impegno sociale (solo il 5,24% fa volontariato), dalla politica (solo il 1,27% se ne interessa), dai “vecchi” luoghi di aggregazione religiosa (il 3, 12% frequenta gli scout, l’8,6% frequenta assiduamente l’oratorio) accompagna un’altrettanto evidente mancanza di spinte ideali. Insomma, se ci sono state generazioni che volevano cambiare il mondo, questa sembra piuttosto desiderare di riuscire ad adattarsi alle richieste, sapendo che così può ottenere sicurezza e tranquillità, ma senza chiedere troppo, senza lasciarsi travolgere dai sogni e dai relativi risvegli frustranti.

La scuola e la piazza

Vanno abbastanza volentieri  a scuola e le relazioni con i compagni sono buone, ma più rare e più blande quando si tratta di stranieri. Anche le relazioni verticali, cioè con gli adulti, sono piuttosto positive, ma i ragazzi dichiarano che la scuola mette loro un po’ di ansia (quasi due punti e mezzo su quattro).
Il tempo libero lo trascorrono soprattutto nelle piazze e nei parchi, seguiti dalle case private e a breve distanza da bar e pub. Meno frequentate sono discoteche e locali notturni. Complessivamente si dichiarano piuttosto soddisfatti della loro vita (5 punti su 7), hanno una buona autostima, e si ritengono felici (3 punti su quattro). Ma per le femmine le cose sono un po’ diverse.

Usi e abusi

Gli usi e abusi dei maschi sono ben identificati. Il 6,54% beve superalcolici almeno una volta al giorno; il 14,2% ammette di fare uso di marijuana o hashish almeno una volta al giorno e il 5,91% di usare altrettanto frequentemente altre sostanze per provare sensazioni forti. Cifre decisamente alte, vista l’età: implicano una certa disponibilità economica e la capacità di procurarsi sostanze “proibite”.
Un allarme viene dal gioco d’azzardo, che appare sempre più diffuso: solo il 48,13% dei maschi non gioca e non scommette mai. E poi dal sesso: il 10,15% dei maschi e il 7,25% delle femmine ha molto frequentemente rapporti non protetti.
I rischi per la vita vengono dagli sport estremi (il 38% dei maschi li pratica) e da comportamenti come la guida in stato di ubriachezza o dopo l’uso di sostanze. Diverso è il discorso per le femmine.

Questioni di genere

Contrariamente a quello che spesso appare, sono ancora forti, in questa generazione, le differenze di genere. Qui il copione sembra già visto: le femmine sono meno soddisfatte della propria vita  e di se stesse e si sentono un po’ meno felici. A scuola hanno relazioni migliori con i compagni, anche con quelli stranieri, ma provano più ansia. Forse è per questo che fumano più dei loro coetanei maschi, o forse è per mangiare meno, visto che in buona percentuale si sono già sottoposte a diete drastiche. In compenso guidano meno: il motorino è ancora uno strumento di potere maschile. E, come si legge nel rapporto, «l’aspetto più drammatico è che, nelle ragazze, la sensazione di essere ancora private di eguaglianza, democrazia e diritti va di pari passo con una iperattenzione al corpo e all’immagine, accompagnata da diete spietate». Fumo e diete sono infatti i “comportamenti a rischio” tipici delle ragazze.

Questioni di censo

Oltre a una questione di genere, c’è una questione di censo e di livello culturale. La cultura dello sballo e i comportamenti a rischio appartengono soprattutto a coloro che frequentano gli istituti professionali, meno ai liceali. Così come a loro appartengono le maggiori difficoltà a rapportarsi con l’istituzione scolastica e con i compagni stranieri.

Chi è stato bocciato è più a rischio di chi a scuola va bene.  Secondo Vettorato, «la deprivazione sociale va di pari passo con quella culturale. Qui sono chiamate in causa le istituzioni scolastiche: c’è troppo poca attenzione ai bisogni reali dei ragazzi. Chi è già avvantaggiato è privilegiato, chi è svantaggiato deve sopportare un carico di situazioni socialmente e culturalmente più pesanti».
Complessivamente, il ritratto che la ricerca offre degli adolescenti a Roma li rappresenta come ragazzi che si sono chiusi in un piccolo mondo sicuro: la famiglia, gli amici, la piazza. Una sicurezza a KM zero, che non lascia spazio alle incognite (comprese quelle sempre insite nelle relazioni: sì agli amici, ma meglio se non sono stranieri). In questo mondo a Km zero non c’è spazio, come abbiamo visto, per la politica e per l’impegno.

Questioni di educazione, ma anche di politiche sociali

E chi cade fuori dalle sicurezze familiari  o amicali o, semplicemente, è diverso? Scivola fuori dal guscio, entra nella categoria dello “sfigato”, del problematico, difficilmente “visto”, molto facilmente ignorato nelle relazioni interpersonali come dalle istituzioni.
È una sfida intercettare questi ragazzi ed elaborare una proposta educativa per loro. Ma è una sfida anche mettere in campo politiche sociali degne di questo nome.  Come ha ricordato Francesca Danese, assessore alle politiche sociali e abitative del Comune di Roma, «siamo un Paese che invecchia e che non ha più ascensori sociali che permettano alle nuove generazioni di aprirsi prospettive. Bisogna rimettere al centro il tema dell’infanzia e dell’adolescenza, e trovare le risorse per politiche vere, anche di prevenzione. Bisogna tornare a investire sulle scuole, compresi gli istituti tecnici e professionali, e bisogna rendere più accessibili alcune esperienze, come il servizio civile, oggi in genere riservato ai ragazzi già qualificati. Per fortuna sul territorio ci sono realtà come il Borgo Ragazzi Don Bosco, che intercettano questi adolescenti e offrono loro opportunità educative, ma tutto il volontariato deve aprirsi ai più giovani e confrontarsi con loro».

di Paola Springhetti – Fonte

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