È bufera in Regione Lombardia dopo la decisione di non concedere il bonus bebè alle famiglie adottive. Il governatore Roberto Maroni che tira dritto: “Il bonus bebè è una delle misure sperimentate nell’ambito del pacchetto Reddito di autonomia. Non è concessa alle famiglie con bambini adottati perché è una misura per la natalità, non a sostegno della famiglia. Cioè viene dato al bambino che nasce, non al bambino che viene adottato. Altre sono le misure a sostegno della famiglia”. All’attacco, però, il Pd lombardo: “Così Maroni offende tutte le famiglie adottive della Lombardia”.

A denunciare l’inghippo è stato, nei giorni scorsi, il Nuovo Centrodestra: il partito sostiene la stessa maggioranza di Roberto Maroni, ma ha deciso di intervenire dopo la denuncia di una coppia adottiva che ha tentato di accedere al contributo, ma si è vista rispondere picche. Il caso è quello di Simona Borsari e Maurizio Larghi, 43 e 47 anni. La loro testimonianza è stata raccolta da Repubblica: la coppia ha tre figli, tutti adottati. Il terzo bimbo è stato accolto a dicembre: entro i termini, quindi, fissati dalla Regione per la richiesta del contributo. Il cui regolamento prevede infatti l’erogazione di un assegno alle famiglie che hanno un Isee sotto i 30mila euro, e hanno avuto entro lo scorso 31 dicembre il secondo o terzo figlio. Nel primo caso si tratta di 800 euro, nel secondo di mille euro. “Ma ci hanno negato l’assegno, dicendo che non rientravamo nei parametri – denuncia la coppia – Noi però non siamo genitori di serie B, ci sentiamo genitori al 100 per cento”.

Per chiedere la correzione della misura, domani Ncd presenterà una mozione urgente al Consiglio regionale, nella quale si chiede di estendere il bonus anche perché a causa della crisi economica “in Italia il numero delle coppie adottive e diminuito drasticamente” e che la Lombardia “è la regione con il maggior decremento di coppie adottive (parlano di meno 50 adozioni nell’ultimo periodo) dopo il Lazio”. Tradotto: poiché il percorso per l’adozione è lungo e complesso, non solo dal punto di vista burocratico ma anche economico, i genitori adottivi devono essere sostenuti, dato che crescono i figli “facendosi carico di tuti i doveri come per i figli naturali”.

“Ma natalità che cosa vuol dire? – insiste oggi Maroni – qualcuno che nasce non qualcuno che viene adottato, sono due cose diverse. Siamo nella fase della definizione delle nuove misure del reddito di autonomia e per il 2016 abbiamo messo 200 milioni di euro. Per questo, a chi critica dico: andate a vedere le altre Regioni che cosa hanno fatto, zero. Quindi piuttosto che criticare magari riconoscete che la Lombardia da questo punto di vista sta facendo cose che voi umani non potreste neanche immaginare”.

Contro la decisione di Maroni, Riccardo Nencini, viceministro dei Trasporti e segretario del Psi, ha annunciato che presenterà un ricorso alla Consulta, perché “discriminatoria”. Sulle barricate le opposizioni: “Nelle brutte parole di Maroni si sente l’eco sinistra della repulsione per chi è straniero, anche se in fasce e bisognoso del calore e della protezione di una famiglia. Caro Maroni, i figli sono figli, naturali o adottivi che siano, e la famiglia che li accoglie e che li cresce deve essere aiutata senza discriminazioni”, attacca la democratica Sara Valmaggi.

Il Pd martedì presenterà una mozione per chiedere non solo l’estensione del bonus bebè alle coppie adottive, ma anche l’ampliamento di tutte le misure regionali a sostegno delle famiglie, nonché per ridurre le rette delle case di riposo e i ticket sanitari. “Purtroppo – aggiunge Valmaggi – si dimostra ancora una volta che la partecipazione al Family Day è stata solo una bandiera con cui Maroni si copre per nascondere l’assenza

di politiche vere per le famiglie lombarde”. Duro il Movimento cinque stelle: “La conferma che l’esclusione delle famiglie che adottano dal bonus bebè non sia stato un errore per noi è inquietante – scandisce il capogruppo grillino Dario Violi – è solo buonsenso garantire il bonus anche alle famiglie che adottano. Escluderle significa discriminare chi, per garantire i diritti dei bambini, deve anche sostenere maggiori”.

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