Convocazioni informali, telefonate notturne, rimpalli di responsabilità, velate intimidazioni. La già complicata vicenda delle adozioni in Congo nelle ultime settimane s’è trasformata in un indicibile rompicapo di cui le famiglie adottive sono vittime impotenti.

Unica certezza,  il fatto che 133 bambini i cui dossier sono ormai sbloccati – come ufficialmente comunicato dal governo di Kinshasa – in Italia, dai loro genitori, ancora non arrivano, non possono arrivare. Nemmeno martedì pomeriggio, durante un incontro convocato a porte chiuse dalla Commissione adozioni internazionali a Roma alla presenza dei sette enti autorizzati coinvolti nella vicenda, è stata data una spiegazione chiara di quanto sta accadendo. I responsabili sono usciti a testa bassa: nuova, inspiegabile consegna al silenzio, «è stata una riunione operativa, tutto bene» ripetono a un paio di giornalisti arrivati a sorpresa fuori dalla sala.

Nessuna notizia dunque, né sulle modalità del rientro dei piccoli né sui tempi, e questo nonostante per la Commissione fosse presente la presidente e vicepresidente Silvia Della Monica. I bambini di tutti gli altri Paesi, però, sono già rientrati: Stati Uniti, Canada, Belgio, sono oltre 600 le famiglie che hanno riabbracciato i loro figli. Gli ultimi 10 italiani sono arrivati a Fiumicino a gennaio.  Da allora 133 pratiche sono state sbloccate dalla Commissione interministeriale congolese con 4 liste ufficiali, l’ultima pubblicata lo scorso 17 marzo. Poi più nulla.

Per le coppie in attesa è l’ennesima doccia fredda. L’ultima comunicazione ricevuta dalla Cai è stata quella circa lo sblocco dei dossier, arrivata per telefono. Alcune di loro, negli ultimi mesi, hanno preso contatti con avvocati e investigatori in loco e le notizie che arrivano da Kinshasa parlano di una disorganizzazione totale nella gestione delle pratiche da parte della Commissione italiana: in alcuni casi non sarebbero state avviate nemmeno le procedure preliminari per i passaporti, che richiedono tempi lunghi. I bambini non sono stati prelevati dagli orfanotrofi per le fotografie. Senza contare che «tra Cai e ambasciata – queste le voci che girano al ministero del Genere, Famiglia e Bambino della capitale – non c’è collaborazione»: prova ne sia il pasticcio dei cartoni coi dossier incompleti relativi alle coppie italiane inviati alla Commissione di Kinshasa l’anno scorso, di cui l’ambasciata italiana era all’oscuro.

C’è poi il nodo di Goma, una città martoriata dalla povertà e dalla guerra nella provincia orientale del Paese, dove 20 bambini sarebbero bloccati in un istituto per una serie di incomprensioni tra la direzione e la Cai. Difficile capire le ragioni della paralisi, anche comunicativa, visto che la Commissione non risponde. L’ipotesi di un volo di Stato che riporti a casa in un colpo solo tutti i piccoli all’improvviso non è l’ipotesi migliore per il bene dei minori, che dovrebbero avere un minimo di preparazione per le coppie e soprattutto per i bambini: catapultarli dalla realtà degli istituti di Kinshasa e dintorni alla quotidianità del nostro Paese, in molti casi tra le braccia di genitori che non hanno nemmeno incontrato di persona, è contrario a tutte le buone pratiche adottive.

Per questo molti enti si stanno attivando presso le decine di Tribunali di minori coinvolti nella registrazione per chiedere che siano avviati percorsi di accompagnamento per le famiglie. Ma mancano tempi, e certezze: è impossibile pianificare, la Cai continua a dire agli enti di non intraprendere iniziative e le famiglie a esporsi. “Pena” – altrettanto incomprensibile alla luce dei fatti – il fallimento delle tanto sospirate adozioni.

Il ministro degli Esteri, dal canto suo, ribadisce che la situazione è risolta. Gentiloni ieri a Ginevra ha ringraziato il ministro dell’Interno congolese. «La decisione politica è definitiva – ha spiegato –, ci sono ora dei passaggi burocratici da completare». «Proprio questi passaggi vanno ora definiti dalla Cai e in tempi rapidissimi – commenta Lia Quartapelle, segretario della Commissione Esteri e membro della Direzione nazionale del Pd –. L’auspicio è che i bambini rientrino subito, e non necessariamente tutti insieme. Ogni giorno che passa è un giorno perso per loro e per le famiglie che li attendono da così tanto».

di Viviana Daloiso – Fonte

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