Arrivano via mare da Eritrea, Siria, Palestina, Iraq e Libia. Alle loro spalle lasciano violenze, macerie, guerre. Ma anche affetti. Perché dei 4.556 minori giunti in Italia dall’inizio del 2015, 3.480 sono soli non accompagnati. E così dopo essere scampati ad una tragedia, in Italia rischiano di finirne in un’altra, la tratta. Il business che fa cassa sulla disperazione e annega la speranza di un futuro diverso. Anche per questo Save the Children lancia un appello all’Unione Europea. Affinché si superi l’accordo di Dublino e i Paesi membri adottino una responsabilità condivisa nei confronti dei più vulnerabili fra i migranti che giungono in Europa.
L’enorme flusso dall’Eritrea. “Solo a Roma e Milano in questo momento sono centinaia i minori non accompagnati”, stima l’organizzazione non governativa che dal 1919 si occupa dei diritti dei piccoli. Più di mille sono arrivati nell’ultimo anno dall’Eritrea. Come gli altri ora si trovano in un limbo, “esposti a gravi rischi di sfruttamento o sicurezza, in molti casi senza riparo né protezione”. Temono i tempi della burocrazia italiana, o sperano di raggiungere altri connazionali, parenti o amici, che si trovano più a Nord, oltre le Alpi. E allora “si trovano spesso obbligati a rimettersi nelle mani dei trafficanti per cercare di passare le frontiere”. Una possibilità che riguarda anche i bambini siriani che con i loro familiari hanno sfidato i rischi di una traversata del Mediterraneo per sfuggire a quelli del loro paese in guerra.
Gli egoismi nazionali fanno saltare tutto. Un accordo sul piano immigrazione proposto a maggio dalla Commissione Ue sembra più vicino dopo gli ultimi incontri fra i leader europei a Bruxelles. In due anni 40 mila profughi sbarcati in Italia e Grecia saranno ricollocati in Europa. Eppure non c’è ancora intesa sulle quote dei singoli Stati. E neanche chiarezza sul tema della “volontarietà dell’accoglienza”. Tutto è rimandato al prossimo vertice di luglio, dove gli egoismi nazionali rischiano di far saltare tutto. Ma non c’è tempo, servono risultati rapidi. E già così la cifra dei 40mila richiedenti asilo da ricollocare fra i Paesi Ue è vista come “assolutamente insufficiente per far fronte alla situazione” da Valerio Neri, Direttore generale di Save the Children Italia. L’organizzazione chiede non solo di “non rimandare l’assunzione di responsabilità condivisa” nei confronti dei minori, ma anche di “rinforzare ed estendere i programmi di re-insediamento e ammissione umanitaria, al fine di offrire una via legale per raggiungere l’Europa dalle aree di crisi alle migliaia di rifugiati in condizioni di estrema vulnerabilità”.
Cifre epocali, altro che emergenza. Le cifre di quella che da tempo non può dirsi più un’emergenza sono epocali. Nel 2014 il numero di persone costrette alla fuga dai loro Paesi ha raggiunto per la prima volta dopo la Seconda Guerra Mondiale la spaventosa cifra di 50 milioni. Un rifugiato o sfollato su due ha meno di 18 anni. Con 625 mila richiedenti protezione internazionale nell’Unione Europea, le domande di ammissione sono cresciute fra il 2013 e il 2014 del 44%. Il 20 per cento provengono dalla Siria, da persone che hanno spesso un lavoro, una buona educazione, ma sono messe in fuga dalla ferocia dell’esercito di Assad o da quella delle milizie dello Stato islamico.
Un mercato affamato per sfruttare i minori. Per i minori che arrivano soli c’è un mercato affamato pronto a sfruttarli. Lucrando sul loro corpo, sulla loro mano d’opera, sull’accattonaggio. E persino sulle adozioni illegali. Come ha dimostrato a febbraio scorso un intervento dei carabinieri che ha sventato la compravendita di un bambino rumeno per 30mila euro. Secondo Eurostat, fra il 2010 e il 2012 in Italia sono state rilevate in totale 6.572 vittime di tratta, di cui il 15% minori e perlopiù provenienti da Nigeria, Romania e Marocco. Ma queste cifre nella realtà sono di gran lunga
superiori visto che il fenomeno resta in buona parte sommerso. Per farlo emergere aiuterebbe rafforzare le reti di protezione per i minori. Ma ormai da molto tempo l’Italia attende l’approvazione di un Piano nazionale di contrasto alla tratta e allo sfruttamento.
di Valeria Fraschetti – Fonte