La violenza contro i minori non è un fenomeno accidentale. Una casualità. O una semplice fatalità che colpisce la vita di un giovane o una giovane persona incapace di difendersi. Non è nemmeno un fenomeno confinato in qualche posto sperduto della Terra. O proprio di culture e tradizioni che nulla hanno a che fare con la nostra. La violenza sui minori è un problema globale che colpisce i bambini a tutte le latitudini e in tutti gli ambienti socio-economici. Presenta forme molto complesse che evolvono velocemente con l’evolversi delle nostre società. Basti pensare alle nuove forme di violenza introdotte dallo sviluppo delle nuove tecnologie, come l’uso delle webcam e il sexting. Possono essere causate da una molteplicità di soggetti che rendono il loro rilevamento terribilmente difficile. Hanno un impatto devastante sullo sviluppo fisico e mentale dei minori. Con conseguenze che, spesso, non si esauriscono con le vittime in questione, ma hanno ricadute transgenerazionali difficilmente quantificabili e arginabili.

Giusto per dare un’idea dell’incidenza di questo fenomeno basti pensare che oltre 18 milioni di individui in Europa hanno subito un abuso sessuale durante la loro infanzia[1]; 44 milioni sono stati, almeno una volta, vittima di violenza fisica[2]; oltre 55 milioni di minori hanno subito una qualche forma di abuso psicologico, cifra che rappresenta il 29 per cento dell’intera popolazione maschile e femminile[3]. Nell’Ue, sono oltre 9mila i decessi annuali d’individui in età compresa tra 0-19 anni legati ad episodi di violenza[4]. E ancora, uno su tre adolescenti in Europa e Nord-America (11-15 anni) ammette di aver commesso almeno un episodio di bullismo ai danni di coetanei negli ultimi mesi[5].

E a tutto ciò, si aggiungono costi sociali ed economici altissimi. Le Nazioni Unite calcolano che i fenomeni di violenza fisica, psicologica e sessuale sui minori possano costare fino a 7mila miliardi di dollari l’anno, ovvero il 4 per cento del prodotto interno lordo a livello mondiale[6].

Non è un caso che la lotta ad ogni forma di violenza contro i minori sia diventata un punto programmatico (16.2) dell’Agenda internazionale 2015-30 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Combattere ogni forma di violenza contro i minori è un obbligo di tutti gli Stati come recita l’art. 19 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Stati che hanno il dovere di creare sistemi di prevenzione e difesa adeguati a rispondere ai fenomeni di violenza. Purtroppo, ancora oggi molti bambini non ricevono adeguata protezione. Molti Stati faticano ad implementare in maniera efficiente le norme di contrasto ai fenomeni di violenza, non dispongono di strutture e sistemi adeguati a prevenire il loro avvenimento e non supportano adeguatamente le vittime una volta che gli episodi di violenza si sono consumati. Una situazione aggravata ancora di più da scarsi investimenti nella ricerca e da una raccolta dati che risulta spesso lacunosa e poco affidabile.

Una limitazione, questa, accentuata in molti casi dalla natura e dal luogo in cui si consumano le violenze. La maggior parte di esse, infatti, avvengono all’interno delle mura domestiche, un ambiente che, per la sua natura privata, tende a facilitare la copertura di eventuali episodi. O basti pensare alle punizioni corporali, la forma più comune di violenza contro i bambini[7], che continuano a essere praticate e spesso comunemente accettate. Ad oggi, solo 49 Paesi del mondo le hanno bandite in ambiente familiare con l’introduzione di misure legislative ad hoc. E ciò nonostante un consenso scientifico internazionale sui rischi e gli effetti negativi ad esse collegate.

Oggetto di questo Focus On saranno alcuni temi centrali del dibattito internazionale sulle questioni appena menzionate. Un’analisi del ruolo e delle funzioni del Tribunale dei minori che proprio in questi giorni sta accendendo il dibattito politico nazionale. Offrirà una panoramica degli strumenti legislativi in vigore a livello internazionale ed europeo. Infine, darà un’idea delle sfide e delle problematiche che il privato sociale affronta ogni giorno per offrire protezione adeguata ai minori vittima di violenza sul territorio.

Violenza sui minori e statistiche: una sfida aperta

La valutazione quantitativa degli episodi di violenza che interessano i minori rimane una problematica ancora aperta a livello internazionale. Misurare la frequenza e la diffusione di questi fenomeni presenta notevoli difficoltà, in quanto la violenza può essere di varia natura (fisica, sessuale o psicologica), avvenire in contesti diversi (a scuola, in famiglia, per strada, on line) e commessa da una molteplicità di soggetti (genitori, parenti, coetanei, insegnanti, baby sitter etc..). Alcune forme di violenza, proprio per la loro natura, risultano meglio codificate e valutate, come nel caso degli infanticidi. Altre, basti pensare agli abusi sessuali, i maltrattamenti psicologici o le punizioni corporali, sfuggono molto spesso alle statistiche nazionali.

Si stima che il 90 per cento[1] degli abusi commessi a livello internazionali non vengano denunciati, abusi di varia natura che vanno dallo sfruttamento sessuale al bullismo e cyber-bullismo.

La raccolta di dati è poi direttamente influenzata dalla capacità (anche economica) dello Stato in questione di organizzare sistemi di monitoraggio efficienti. Molto spesso i dati non vengono aggiornati con cadenza regolare. Anche quando sono disponibili, la qualità e la profondità dell’informazione risulta alquanto limitata. Ad esempio, i dati sulla mortalità infantile, incluso i casi di omicidio, sono disponibili in moltissimi Paesi. Ma errori nella registrazione delle nascite o delle morti, difficoltà legate alla determinazione delle cause del decesso e mancanza d’informazioni dettagliate sulle sue cause contingenti al decesso stesso ne inficiano la qualità.

Infine, ancora non esiste un sistema codificato sui tipi di violenza riportati, riconosciuto e utilizzato a livello internazionale, che permetta una comparazione efficace dei dati raccolti. Più di dieci anni fa, e poco è stato fatto da allora, le Nazioni Unite rilevavano nel Rapporto mondiale sulla violenza contro i minori (2006), come la mancanza di dati credibili fosse uno dei limiti principali della ricerca e del dibattito internazionale sul tema. Specialmente per quanto riguarda il contesto familiare, lo studio affermava che “in nessun altro ambito di ricerca, la mancanza di dati è un problema così acuto come nel contesto della violenza sui minori in ambiente casalingo e familiare, particolarmente a causa delle inibizioni che possono nascere al momento della denuncia ma anche per la mancanza di investimenti nella ricerca scientifica sul problema”.

La definizione del concetto di violenza: la posizione dell’ONU 

Il Comitato che presiede e monitora l’applicazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza (CRC) con la pubblicazione del Commento Generale n.13, ha specificato importanti questioni riguardo i fenomeni e i comportamenti contro i minori che ricadono all’interno della definizione di “violenza”:

Il termine “violenza” si riferisce e include tutte le forme di violenza, lesioni o abuso, abbandono o negligenza, maltrattamento o sfruttamento, incluso l’abuso sessuale, come elencato nell’articolo 19, paragrafo 1, della Convenzione. Il termine “violenza” è stato qui scelto per rappresentare tutte le forme di danneggiamento elencate nell’articolo 19, paragrafo 1, della Convenzione in conformità con la terminologia utilizzata nella Ricerca sulla violenza contro i minori delle Nazioni Unite del 2006. Nel sentito comune, con il termine “violenza” ci si riferisce spesso alla violenza fisica o comunque intenzionale. A riguardo, il Comitato sottolinea, con la massima forza, che la scelta del termine ‘violenza’ in questo Commento Generale, non deve essere interpretato in nessun modo al fine di minimizzare l’impatto e la necessità di lottare contro ogni forma di violenza non-fisica e non intenzionale (come, tra le altre, l’abbandono e il maltrattamento psicologico).  

Ai fini di una migliore categorizzazione delle forme di violenza perpetrate ai danni dei minori, il Comitato ha definito, sempre nello stesso documento, 4 macro-categorie:

1) Violenza fisica – Include tutte le forme di punizioni corporali e tutte le altre forme di tortura, trattamento crudele o degradante, punizione, incluso il bullismo perpetrato tanto dagli adulti quanto dai coetanei, fatale o meno per l’integrità fisica delle vittime.

Con punizione corporale, l’ONU intende ogni punizione, dove la forza fisica viene utilizzata per causare un certo grado di dolore o fastidio, anche lieve. Include innanzitutto, il picchiare direttamente il minore, con la mano o altri oggetti, ma si estende anche ad altre forme di violenza come scuotere, graffiare, tirare i capelli o le orecchie etc… .

2) Violenza sessuale e sfruttamento – Ogni forma di attività sessuale imposta su un minore. L’uso di un minore ai fini di sfruttamento commerciale o per la creazione d’immagini audio-visuali con oggetto abusi sessuali. Tutto ciò che riguarda la prostituzione minorile, lo sfruttamento e il turismo sessuale, la tratta degli esseri umani e i matrimoni forzati. Ciò, anche quando la vittimizzazione sessuale non comporta l’uso della forza o è commessa da altri minori che sono significativamente più grandi delle vittime.

3) Violenza psicologica – Comprende tutte le forme di maltrattamento e abuso psicologico, verbale o emozionale o negligenza. Ciò include tutto quello che costituisce un’interazione pericolosa che porti il bambino a sentirsi non amato, non degno, non importante o comunque in pericolo. Tutto ciò che è atto a spaventare, terrorizzare, minacciare, insultare o ignorare il bambino. Riguarda anche la possibile negligenza contro le esigenze mediche ed educative del minore. Si estende alla violenza assistita, in particolare a quella domestica, e al bullismo perpetrato dagli adulti o dai coetanei, anche attraverso le nuove tecnologie.

4) Negligenza – Include tutte le forme di abbandono e negligenza che non permettono al minore di soddisfare le sue esigenze psicologiche e fisiche. Si va dall’abbandono fisico, quando l’integrità del minore è messa a rischio dalla mancanza di risorse basiche come il cibo, la casa e il vestiario, fino alla mancanza della necessaria supervisione quotidiana. Si parla di negligenza psicologica quando il minore non è oggetto delle attenzioni e dell’amore necessario o quando viene esposto a violenza o abuso di sostanze. Inoltre include, l’incapacità di offrire la copertura medica e le forme d’istruzione necessarie fino al vero e proprio abbandono di minore.

Oltre a queste 4 macro-categorie, il Commento Generale definisce in maniera indipendente anche altre sfere di violenza sui minori come “la tortura e il trattamento inumano e degradante’, “la violenza tra minori”, “i comportamenti pericolosi”, la “violenza nei mass media, “la violenza attraverso i mezzi di telecomunicazione” e “la violazione dei diritti dei minori a livello istituzionale e sistemico”.

[1] Stoltenborgh M, van Ijzendoorn M, Euser E, Bakermans-Kranenburg M. A global perspective on child sexual abuse: meta analysis of prevalence around the world, 2011
[2] Sethi D, Bellis M, Hughes K, Gilbert R, Mitis F, Galea G. European report on preventing child maltreatment, World Health Organization, Regional Office for Europe.
[3] Ibidem
[4] MacKay M and Vincenten J., National Action to Address Child Intentional Injury – 2014: Europe Summary. European Child Safety Alliance. 2014
[5] UNICEF, Hidden in Plain Sight: A Statistical Analysis of Violence Against Children, 2014
[6]Transforming Our World: the 2030 Agenda for Sustainable Development, A/RES/70/1, United Nations
[7] Violence towards children in the EU: Current situation; In- Depth Analysis. European Parliament – EPRS, 2014
[8] Vedi nota n.2

Fonte

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