In questo articolo viene presentata un’interessante ricerca in corso a cui i genitori adottivi, con la solita generosità, possono contribuire rispondendo ad un questionario anonimo in calce all’articolo.
L’Italia è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di bambini adottati negli ultimi 12 anni, da quando cioè è entrato in vigore il Trattato dell’Aja che regola le adozioni internazionali di bambini in stato di abbandono.
Il tema delle adozioni internazionali di minori coinvolge molteplici sfere, alcune delle quali molto delicate: quella affettiva, sociale, culturale, relazionale e anche quella economica, ma su quest’ultimo punto non vi sono studi autorevoli, né posizioni governative di sorta, nonostante la rilevanza del tema.
Prima del 2001 la procedura d’adozione era auto-gestita dalle famiglie, col forte rischio di cadere nel traffico di minori e di costose fregature. Dal 2001 la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri vigila sulle adozioni svolte dalle famiglie all’estero e sottoscrive gli accordi con i Paesi esteri per realizzare il sogno di tante famiglie italiane.
Nel 2013 sono diventati cittadini italiani 2825 minori, provenienti prevalentemente dalla Russia (26%) e dall’Etiopia (11%), seguiti dai paesi dell’est Europa e del Sud America.
Le coppie italiane concludono l’iter adottivo dopo circa quattro anni di attesa, affrontando delle spese su cui c’è molta incertezza e disinformazione. Alcune procedure possono costare meno di 10mila euro, ma non è infrequente sentire storie strazianti costate decine di migliaia di euro.
Molti Paesi stranieri non brillano per trasparenza e correttezza: ne fanno le spese i bambini, che spendono mesi, se non anni negli istituti e le coppie italiane che vorrebbero coronare il loro sogno familiare in tempi certi.
In base alle statistiche pubblicate dalla CAI, il genitore adottivo italiano in media ha oltre 45 anni, un’alta istruzione e vive in una città o Regione di media ricchezza. Il percorso adottivo è talmente impervio che solo i più forti, anche economicamente, riescono a portarlo a termine. Molti si perdono lungo il percorso, fiaccati dall’attesa o decidono di ricorrere ad altre soluzioni, non meno complesse da gestire, come la maternità surrogata. Quello che però salta all’occhio di chi legge le statistiche pubblicate dalla CAI sulle adozioni internazionali è che i genitori italiani, sempre più frequentemente, accettano nel percorso dell’adozione internazionale bambini di età scolare e con patologie (reversibili e irreversibili).
Il primo paese da cui gli italiani adottano è la Russia (oltre un quarto del totale), da cui provengono bambini in prevalenza grandi (oltre i 5 anni) e che nel 45% dei casi hanno un bisogno speciale (una patologia, talvolta anche grave). Il bambino special need rappresenta un nodo fondamentale nel processo adottivo. Nel 2013 il 21% dei bambini adottati con adozione internazionale dagli italiani ha segnalato un bisogno speciale, nel 2012 erano il 14%, una cifra comunque alta. Una tale alta percentuale di adozione di bambini con patologie (reversibili e irreversibili) non si riscontra, invece, nell’adozione nazionale. I presidenti dei Tribunali dei Minori delle Regioni italiane cercano continuamente di far adottare alle coppie bambini con disabilità, handicap e patologie lanciando accorati appelli sulla stampa, con scarsissima fortuna.
Questa incoerenza nella scelta degli italiani all’estero e in Italia alimenta i dubbi sulla trasparenza del procedimento adottivo e ha spinto la professoressa Chiara Oldani, dell’Università degli Studi della Tuscia, ad avviare un ambizioso progetto di ricerca volto a capire quali fattori contribuiscono a determinare le scelte delle famiglie adottive italiane, per giungere a proposte fattive di miglioramento e non per contribuire allo sterile chiacchiericcio.
Tra gli altri fattori, le informazioni limitate, la ridotta trasparenza, l’eccessiva lunghezza del processo adottivo, l’aumento dei costi della procedura di adozione internazionale contribuiscono a produrre un forte squilibrio e infatti le adozioni italiane sono crollate dal 2011 al 2013 di oltre il 20%.
La professoressa Oldani coordina un’indagine che è rivolta alle famiglie che hanno realizzato un’adozione internazionale di uno o più bambini dopo il 2001 ed è finalizzata a studiare la loro esperienza. I dati raccolti sono anonimi; la ricerca non è finanziata dagli enti per le adozioni internazionali, né dalla Commissione per le Adozioni Internazionali, né dai servizi sociali.
Per prendere parte alla ricerca basta rispondere ad un breve questionario cliccando su https://it.surveymonkey.com/s/6ZNPH7B oppure direttamente dalla pagina Facebook Chiara Oldani – Le adozioni di bambini- Ricerca della Tuscia
Il responsabile della ricerca è la prof.ssa Chiara Oldani, docente di Economia Monetaria al Dipartimento di Economia e Impresa (DEIm) dell’Università della Tuscia di Viterbo (coldani@unitus.it, twitter @chiaraoldani).