Ogni anno sono circa 3.000 i giovani neomaggiorenni che escono dai percorsi di accoglienza. Adulti per legge, ma non autonomi. Le associazioni scrivono al premier per garantire loro più tutele.

Agevolando, Fondazione Domus de Luna, Terra dei Piccoli Onlus, Gruppo “#5buoneragioni per accogliere i bambini e i ragazzi che vanno protetti”, Cismai, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Coordinamento Nazionale Comunità per Minori (Cncm), Progetto Famiglia e SOS Villaggi dei Bambini. Sono solo alcune delle 500 associazioniimpegnate per la tutela dell’infanzia e l’adolescenza che hanno chiesto al premier Matteo Renzi di intervenire sul Jobs Act al fine di evitare una vita ai margini della società a migliaia di giovani neomaggiorenni fuori famiglia.

Inserire e regolamentare, attraverso decreti attuativi, l’integrazione lavorativa e percorsi di accompagnamento verso l’autonomia ragazzi non appena maggiorenni che hanno vissuto all’interno delle comunità di tipo familiare o in famiglie affidatarie, è quanto chiedono le associazioni. Ed è questo quello che si auspica per un numero notevole di giovanissimi che non hanno supporti ulteriori.

Ogni anno sono circa 3.000 i giovani neomaggiorenni che escono dai percorsi di accoglienza sostitutivi della famiglia e circa i 2/3 non rientrano nella famiglia d’origine. Sono 20mila i giovani adulti a rischio esclusione sociale o in condizioni di indigenza, solitudine, devianza, psicopatologia presenti oggi in Italia”. Lo si legge nel documento di proposta elaborato dalle associazioni. Le cause sono dovute principalmente all’assenza di percorsi efficaci di finalizzazione degli interventi di tutela e di supporto e accompagnamento verso l’autonomia lavorativa, abitativa, ed economica.

Condizioni che creano un disagio notevole ai diretti interessati e non solo. Un’ombra sulla crescita e competitività futura, soprattutto in tema di opportunità. Nel momento storico che viviamo, le condizioni di povertà attuali non restituiscono garanzie per il futuro dei giovani, per questo, le famiglie in situazioni di grave difficoltà vanno sostenute ed ogni sforzo deve essere fatto perché ogni bambino possa vivere nel proprio nucleo familiare. Allo stesso tempo è dovere di una società civile allontanare con determinazione e tempestività bambini e adolescenti che nel loro contesto familiare subiscono gravi violazioni dei loro diritti.

Coloro che sono costretti a vivere ‘fuori famiglia’, a 18 anni sono ‘grandi per legge’, ma effettivamente ancora adolescenti e a rischio discriminazioni sia sul piano affettivo, sia sul piano delle opportunità di accesso al mercato del lavoro, perché troppo spesso non hanno la possibilità di portare a termine il proprio percorso scolastico. Per questo una rete di 500 associazioni si è un’unita per dar voce ad un unico messaggio, quello di garantire ai giovani fuori dalla famiglia e che escono dal sistema di protezione all’infanzia al compimento del 18esimo anno di età, la possibilità di poter scalare la mobilità dei redditi che è già pressoché perclusa a chi proviene da famiglie con risorse economiche, relazionali e culturali basse. Occorrono, dunque, rapidi interventi legislativi tesi a favorire facilitazioni per il lavoro.

Paola Longobardi

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