In Italia ci sono due milioni e mezzo di giovani (di età compresa tra i 15 e i 29 anni) che non fanno nulla. Non studiano e non lavorano. Il dato, scioccante, emerge dal rapporto dell’Ocse sulla società, che l’organizzazione parigina pubblica ogni due anni e che questa volta approfondisce appunto il tema dei cosiddetti “neet” (youth Not in Employment, Education or Training).
La situazione dell’Italia, che più di altri Paesi ha subìto l’impatto della “grande recessione”, è particolarmente preoccupante. Se infatti il tasso di neet (sul totale della popolazione giovanile) nel 2007 era del 19,5% (quattro punti al di sopra della media Ocse, 13,6%) l’anno scorso questa percentuale è salita al 26,9 per cento. Peggio di noi c’è solo la Turchia (al 29,8%), mentre il divario rispetto alla media Ocse (14,6%) è passato a oltre 12 punti.

Ad aggravare lo scenario c’è il fatto che il 32% dei neet italiani si trova in questa condizione da oltre un anno (solo la Grecia, con il 37%, si trova in una situazione peggiore, mentre la media Ocse è del 20%) e ovviamente più si allunga il tempo passato al di fuori del sistema formativo o del mercato del lavoro, più è difficile il recupero di questi giovani.
Al di là dei tanti aspetti sociali e umani, secondo i tecnici dell’organizzazione parigina questo fenomeno rappresenta per l’Italia una mancata crescita pari all’1,4% del Pil (0,9% la media Ocse).

Ocse: servono politiche attive per superare il problema
Il rapporto sollecita quindi a varare con urgenza politiche attive per affrontare la questione. Tanto più che nel caso dell’Italia la crisi non ha fatto che aggiungersi a problemi strutturali.
L’Italia è infatti uno dei Paesi con il più alto tasso di abbandono scolastico: il 26% delle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni non ha un titolo di scuola secondaria superiore (il 30% degli uomini e il 23% delle donne), rispetto a una media Ocse del 16,4% (rispettivamente 18% e 15%). Dietro di noi ci sono solo Spagna, Portogallo, Turchia e Messico. E tutti gli studi dimostrano che il fenomeno dei neet è nettamente più diffuso tra i giovani con un basso livello di istruzione.

In Italia solo il 2% dei giovani cumula studio e lavoro (normalmente piccoli lavori saltuari che consentono però di avvicinarsi appunto al mondo del lavoro), rispetto a una media Ocse del 12% e a Paesi come la Germania dove la quota sale al 20 per cento.
Così come l’Italia è piuttosto indietro per quanto concerne l’apprendistato, che riguarda solo il 3,4% dei giovani (16-29 anni) rispetto a una media Ocse del 3,9% (e la Germania decisamente in testa con il 15%).

Il 75% dei neet vive in famiglia
Infine in Italia il 75% dei neet vive in famiglia – condizione che non spinge a cercare un lavoro – rispetto a una media Ocse del 49 per cento. Una classifica in cui a batterci è solo la Grecia, con il 76 per cento. Cosa suggerisce l’Ocse? Di rafforzare lo scambio di informazioni tra la scuola e i servizi di assistenza sociale e di sostegno all’occupazione, per intervenire tempestivamente sulle singole situazioni. Di cercare di motivare i giovani su un progetto professionale personale (sull’esempio di quanto si fa soprattutto in Danimarca e negli Stati Uniti). Di sviluppare l’apprendistato. E ovviamente di migliorare l’offerta formativa, in particolare quella professionale, in accordo con le organizzazioni imprenditoriali, affinché sia mirata ai bisogni del mercato del lavoro.

di Marco Moussanet – Fonte

 

Pin It on Pinterest

Share This