Il recente dibattito in Italia sulle unioni civili, con l’articolo poi stralciato della cosiddetta stepchild adoption dal ddl Cirinnà, ha riportato in qualche modo in primo piano il tema delle adozioni. Nello stesso tempo ha offerto alle associazioni familiari l’occasione per richiamare l’attenzione del Parlamento sulla situazione critica in cui versa oggi la pratica adottiva sia nazionale, sia internazionale, e per chiedere una riforma generale della legge 184 ormai inadeguata. Mai così poche infatti le richieste di adozione da parte delle coppie quanto oggi. Adriana Masotti ne ha chiesto il perché a Elena Cianflone, presidente dell’Ufai, Unione famiglie adottive italiane:

R. – L’adozione in questo momento è in crisi ed è una crisi non solo economica ma è un problema semmai, forse, di disaffezione delle coppie al progetto adottivo che, devo dirlo, è un percorso bellissimo. Il problema è che questo è un percorso veramente ad ostacoli nel quale la coppia è spesso lasciata da sola ed i tempi sono lunghissimi. Per quanto riguarda l’adozione nazionale non esiste una banca dati e non esiste neanche un’unità di criteri per quanto riguarda i giudici. L’adozione internazionale è ancora più complessa perché abbiamo a che fare con dei Paesi che non sempre hanno degli accordi bilaterali con il nostro governo. Spesso sono Paesi che hanno situazioni politiche molto complesse per cui ci sono dei cambi di rotta, dei blocchi, delle chiusure. Le famiglie rimangono in attesa per anni, a volte anche dopo aver conosciuto il figlio.

D. – E quindi voi dite che la legislazione che regola tutta questa materia andrebbe riformata…

R. – Assolutamente, nel senso che la legge, che ha un buon presupposto, è però una legge datata, quindi non tiene conto di tanti fattori, primo fra tutti di questa cosiddetta “banca dati”. Quindi già questo è uno dei motivi sul quale la riforma dovrebbe mettere mano e poi rivedere tutta la posizione delle Case-famiglie, aprire eventualmente quella che viene definita “l’adozione aperta”, cioè la possibilità da parte di un bambino di essere adottato da una famiglia pur mantenendo quei legami biologici – che non garantiscono che il bambino possa tornare nella famiglia d’origine perché, evidentemente, i genitori non hanno quelle caratteristiche di affidabilità per quanto riguarda la crescita del bambino – ma nello stesso tempo non spezza un legame prezioso. Tutti questi aspetti potrebbero essere risolti in un altro modo e creare un’adozione che sia trasparente, più sostenibile e quindi una strada percorribile con più serenità.

D. – Un’eventuale apertura da parte della legislazione italiana delle adozioni anche alle coppie omosessuali potrebbe avere delle conseguenze sulle famiglie che sono in attesa di adottare un bambino?

R. – Per quanto riguarda la Federazione Russa sicuramente potrebbero esserci delle implicazioni se dovesse passare una legge, perché è già successo con altri Paesi: non vedendo di buon occhio questo tipo di adozione Putin le bloccherebbe come ha già fatto. Quindi questo è sicuramente un rischio per quelle famiglie che in questo momento sono in attesa, nel caso dovesse passare la legge. Però – se posso aggiungere una cosa – mi sembra che ultimamente si parli parecchio di questo aspetto, ma si perda un po’ di vista quello che è il senso dell’adozione. Adozione è dare una famiglia ad un bambino che non ha famiglia, non è dare un figlio a chi lo desidera! Su questa cosa si basa tutto il concetto di adozione.

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