Le Missionarie della Carità, le suore di Madre Teresa, hanno rinunciato volontariamente allo status giuridico che permette loro di gestire in India centri di adozione. Gli orfanotrofi fino ad ora gestiti dalle suore saranno quindi chiusi e i bambini trasferiti ad altri istituti. La ragione? Etica. Le suore infatti non ritengono moralmente accettabile che possano adottare anche single o persone divorziate, come pure ritengono inaccettabile che una coppia – questo riguarda però solo l’adozione nazionale – possa “scegliere” un bambino fra sei proposti: «un bambino è un dono, non una merce», hanno detto le suore dal quartier generale di Calcutta.
La decisione è stata resa nota questo sabato, ma è operativa già dal 1 agosto. Fin da quel giorno le suore hanno chiuso le adozioni, fatta eccezione per gli abbinamenti già in essere con bambini accolti nei propri centri, in reazione alle nuove Linee Guida per le adozioni, presentate lo scorso 17 luglio e in vigore proprio dal 1 agosto (qui il testo).
Si tratterebbe di 15 centri che vengono chiusi, in un Paese che conta 2 milioni di orfani, che ha ratificato la Convenzione dell’Aja, ma in cui le adozioni sono ancora poche: fra aprile 2014 e marzo 2015 in India sono stati adottati 3.988 minori con l’adozione nazionale e 374 con l’adozione internazionale (dati CARA), grossomodo la metà del 2010 (in quell’anno si contavano 5.693 adozioni nazionali e 628 internazionali). In Italia gli Enti autorizzati che lavorano con l’India sono 12, fra cui le stesse Missionarie della Carità: nel 2013 i bambini nati in India adottati da famiglie italiane sono stati 76, con un’età media poco inferiore ai 6 anni, ma fra il 2000 e il 2013 sono 1.588 i minori arrivati dall’India.
Sia in India sia in Italia, i titoli dei giornali parlano tutti di una scelta dettata da ragioni etiche, quasi una obiezione di coscienza davanti alla possibilità di dare un bambino a un genitore single che potrebbe eventualmente anche essere omosessuale, anche se in realtà la norma che apre le adozioni ai single in India c’è fin dal 2011, quindi da quattro anni – quando si stabiliva fra l’altro che una donna single può adottare bambini di entrambi i sessi, un uomo single può adottare solo maschi – tant’è che già a quell’epoca alcune organizzazioni avevano rinunciato alle adozioni.
La novità introdotta dalle nuove linee guida, quelle entrate in vigore il 1 agosto 2015, è che gli abbinamenti sono proposti direttamente dall’autorità centrale (CARA) in qualsiasi istituto dell’India: una scelta dettata dalla trasparenza che in effetti va a rendere ancora più urgenti gli eventuali “dilemmi etici” nel senso che una coppia che adotta tramite le suore Missionarie della Carità può essere abbinato anche a un bambino che non vive in un istituto gestito dalle suore e viceversa i bambini che stanno negli istituti di madre Teresa possono essere adottati anche da coppie di altri enti o agenzie e le suore non hanno più un “controllo” sulle adozioni, non sanno cioè nulla delle coppie a cui andranno i “loro” bambini. Questo comporta anche conseguenze economiche. Con le Missionarie della Carità infatti l’iter adottivo è gratuito e questa scelta evidentemente è possibile solo quando è condivisa da tutti gli attori del percorso, ovvero nella misura in cui le Missionarie della Carità che ricevono mandato da una coppia si appoggiano agli orfanotrofi gestiti dalle consorelle. Nel momento in cui il CARA abbina una coppia delle Missionarie della Carità a un bambino che si trova in un altro istituto, questo istituto chiederà alle suore una partecipazione ai costi. Il modello di totale gratuità fino ad oggi proposto dalle suore quindi diventa difficile da sostenere.
Oggi con le nuove Linee guida i soggetti autorizzati alle adozioni passano da una sessantina a quasi 500 e questo apre grosse opportunità per i bambini indiani di trovare una famiglia.
«Stimo molto le sorelle Missionarie della Carità e non voglio commentare la loro scelta», afferma Andrea Zoletto, direttore di International Adoption, il primo ente italiano per numero di adozioni in India (ne ha concluse 523 dal 2000 al 2013). «Voglio sottolineare tuttavia come questo sia un momento di profondo cambiamento per le adozioni in India, iniziato fin dal 2011, quando l’Autorità Centrale ha ribadito in maniera molto forte il suo ruolo e ha preso decisioni che hanno spezzato i legami storici che esistevano – nel bene e nel male – fra le organizzazioni straniere e gli orfanotrofi in India. Si sono spezzate storie virtuose ma anche si è fatta luce su una zona grigia che comportava molti rischi. Oggi con le nuove Linee guida i soggetti autorizzati alle adozioni passano da una sessantina a quasi 500 e questo apre grosse opportunità per i bambini indiani di trovare una famiglia. Ovviamente molti di questi soggetti andranno accompagnati, ci aspetta un lavoro straordinario, ma abbiamo motivo di dare credito all’inizio di una nuova stagione».
di Sara De Carli – Fonte