L’Italia poteva decidere di togliere il bambino nato con la maternità surrogata alla coppia di genitori con i quali il piccolo aveva passato solo alcuni mesi e con i quali non aveva nessun legame biologico e darlo in adozione. Lo ha stabilito la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ribaltando la prima sentenza della stessa Cedu sulla vicenda Paradiso-Campanelli: i coniugi italiani che si erano rivolti alla giustizia europea dopo che i magistrati italiani avevano tolto loro il figlio avuto grazie alla gestazione per altri in Russia. Secondo la coppia, la decisione del tribunale dei minori violava il loro diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani. La Corte di Strasburgo ha invece ritenuto che non essendoci legami biologici tra i coniugi Paradiso-Campanelli e il bambino, e avendo il piccolo passato pochi mesi con loro, non esisteva tra i tre «una vita familiare», pertanto non poteva neppure essere violata. Esisteva invece, scrive la Cedu, una «vita privata» con la quale la decisione di allontanare il bambino ha interferito, ma in questo caso l’Italia aveva diritto a farlo in nome di un interesse superiore.
Le leggi nazionali sulla surrogata e l’adozione
Se i giudici italiani «avessero accettato di lasciare il bambino con la coppia, dandogli la possibilità di divenirne i genitori adottivi, questo sarebbe equivalso a legalizzare una situazione creata dalla coppia in violazione di importanti leggi nazionali», tra cui quella che regola le adozioni. È quindi legittimo «il desiderio delle autorità italiane di riaffermare l’esclusivo diritto dello Stato di riconoscere una relazione genitori-figli solo in presenza di un legame genetico o di un’adozione legale». La Cedu ribadisce così il diritto dei singoli Stati europei a decidere se vietare o no la maternità surrogata. «La sentenza afferma che l’Italia ha libertà di manovra nel decidere sulla maternità surrogata — spiega Alexander Schuster, avvocato e docente dell’Università di Trento, esperto di maternità surrogata —. E la Corte, per quanto divisa nel voto (11 a favore e 6 contrari) ha riconosciuto che le misure prese nella vicenda in esame non sono state eccessive. Togliere un bambino è comunque l’extrema ratio: in questo caso è stato deciso di farlo anche perché non aveva legami biologici né con il padre né con la madre. Negli ultimi anni non risultano casi di bimbi allontanati dia genitori italiani perché nati con la surrogata all’estero».
La vicenda
La vicenda inizia nel 2010 quando la signora Paradiso (nata nel 1967) e il marito Campanelli (nato nel 1955), dopo essere stati dichiarati idonei all’adozione nel 2006 ma non aver trovato nessun bambino da adottare, hanno deciso di rivolgersi a una clinica russa per avere un figlio: alla donna che avrebbe portato avanti la gravidanza doveva essere impiantato l’ovulo di una donatrice fecondato con il seme del signor Campanelli. Nel febbraio del 2011 la madre surrogata russa ha dato alla luce un bambino e ha firmato un documento in cui dava il consenso affinché il neonato fosse registrato come figlio della coppia italiana. La signora Paradiso, che era in Russia al momento della nascita del bimbo, lo ha poi portato in Italia quando ha compiuto due mesi. Come previsto dalla legge russa, sul certificato di nascita del bambino i coniugi Campanelli-Paradiso risultavano come i suoi genitori. Informazioni che il Consolato italiano a Mosca, che ha segnalato il caso alla Procura italiana, ha ritenuto però fossero non corrispondenti al vero.
Il procedimento
Si è aperto così un procedimento penale per falsa attestazione e violazione delle legge sulle adozioni e nell’ottobre del 2011 il Tribunale dei minori di Campobasso ha deciso di allontanare il bimbo dai coniugi Paradiso-Campanelli: il piccolo dopo un periodo in una casa famiglia nel 2013 è stato dato in adozione a un’altra coppia (ed è tuttora con loro). Nel corso del processo è emerso anche che il bambino non aveva legami genetici con il signor Campanelli perché per errore la clinica russa non aveva usato il suo seme per la fecondazione assistita, ma quella di un altro uomo. Nel 2013 i magistrati italiani hanno poi confermato il rifiuto, per contrarietà all’ordine pubblico, di trascrivere in Italia il certificato di nascita rilasciato in Russia, pur rilevando che i coniugi Campanelli-Paradiso avevano agito in buona fede.
Il dietrofront
A quel punto marito e moglie si sono rivolti alla Cedu, che in un primo momento, nel gennaio 2015 ha dato loro ragione, affermando che l’Italia aveva il diritto di vietare la surrogata, ma che in questa vicenda aveva usato il bambino come un mezzo per punire i genitori e quindi non aveva tutelato i suoi diritti, perché il piccolo aveva già vissuto alcuni mesi con loro e costruito legami affettivi. Oggi il dietrofront e la nuova sentenza con cui si stabilisce che l’Italia aveva anche diritto di allontanare il piccolo dalla coppia.
di Elena Tebano – Fonte