Dopo un intervento durato quasi un’ora, la seconda ora della audizione di ieri in Commissione Giustizia della vicepresidente è stata dedicata all’interlocuzione con i parlamentari. Fase in cui sono emerse le osservazioni di Silvia Della Monica in materia di riforma della legge sulle adozioni (il tema dell’audizione) ma anche ulteriori notizie.
Dalle risposte possiamo così apprendere che per la vicepresidente la Commissione ha attività collegiale «solo in alcuni punti» e che i provvedimenti monocratici che ha peso sono «pochissimi che riguardano casi gravissimi, un intervento di urgenza in Congo e una situazione di un’adozione bloccata, ma senza mai privare nessun ente dell’autorizzazione». Due le querele sporte da Silvia Della Monica, una per l’accusa di aver favorito alcuni enti piuttosto che altri, anche economicamente, e una che avrebbe avvicinato la sua Commissione a Mafia Capitale. Quanto alle famiglie, «non sono scoraggiate, lei avrà lettere di famiglie ma io ne ho centinaia di altre», famiglie che sostengono la Commissione e che avrebbero voluto fare “contromanifestazioni” sul Congo.
Tornando sul conflitto di interessi, Silvia Della Monica è tornata a dire che «non è possibile prendere decisioni in presenza di questo conflitto di interessi, con in corso indagini amministrative e penali, abbiamo tentato di rimuoverlo, ma malgrado il DPCM con invito a rimuovere il conflitto di interessi il Forum delle associazioni familiari [che ha eletto il suo nuovo direttivo a novembre 2015, ndr] ha nominato un nuovo direttivo e ci ha rimesso un rappresentante di AiBi, ripercorrendo nuovamente il conflitto di interessi». Dopo il DPCM Delrio «tutti avrebbero dovuto dire faccio un passo indietro, è una norma secondaria ma importate, che esprime un concetto importantissimo, ma se si rinnova il direttivo dell’ente e si ripropone lo stesso conflitto…». Rimuovere le persone? «Non è una decisione che posso prendere io o la Commissione che esprime il conflitto di interessi».
Sui rimborsi delle spese adottive, la vicepresidente ha spiegato che la «CAI non è centro di spesa, non dipende da noi. Noi abbiamo istruito tutte le pratiche, abbiamo chiesto fondi sia nella finanziaria 2014 sia nella finanziaria 2015, ma attenzione, avevamo un DPCM che si riferiva ai rimborsi entro l’anno 2011 che era sprovvisto di copertura economica». Si è venuto a creare così «un buco» per gli anni 2011-2015 e l’ipotesi di dirottare contabilmente fondi stanziati per il 2015 o il 2016 su anni precedenti «non è contabilmente accettabile», «bisogna risolvere questo problema».
Le modifiche normative suggerite
Disseminate nell’intervento, anche alcune osservazioni specifiche sulla revisione della legge, poiché«il sistema ha delle disfunzioni, anche a livello legislativo». Per la vicepresidente Della Monica deve essere mantenuta la giurisdizionalizzazione del sistema e inoltre le adozioni dovrebbero rimanere dove sono, sotto la presidenza del Consiglio dei Ministri, perché «la politica delle adozioni internazionali è complessa». L’idea dell’Agenzia Nazionale «sarebbe una sovrapposizione con la CAI o una o altra, si tratta di decidere se si vuole dare più spazio al provato sociale o privilegiare assolutamente il pubblico, la legge ha scelto la via di mezzo». Il sistema dei rimborsi deve essere superato, verso un «sistema più solidale che tenga conto dei redditi e abbia una diversa sostenibilità»,con un «riferimento al reddito Isee».
Il primo punto da cambiare però è «la durata dell’autorizzazione». «Questa è la storia vera della Commissione, non un’altra storia, una Commissione in cui non si accetta che si facciano traffici sui minori. Ci sono stati, purtroppo si cono stati. Per quello che sa la Commissione e quello che hanno denunciato le famiglie. Non stiamo parlando solo di Congo, la Corte europea per i diritti dell’uomo è intervenuta di recente per la Bulgaria, non c’ero io, noi fatto quello che potevano fare tra cui fare un avviso di inchiesta agli enti interessati, lo ha già detto il Governo rispondendo all’interpellanza nel marzo 2015. Che dobbiamo fare normativamente? Consentire una maggiore rapidità e incisività dei controlli. Qui non è stato possibile perché sarebbero saltate le adozioni in Congo, non solo per l’Italia, ma gli enti non possono avere un’autorizzazione perenne». Dover aspettare fino alla revoca, «significa aspettare tutto un provvedimento amministrativo che prevede garanzie giuste per gli enti ma non giuste nei confronti delle famiglie»: gli enti dovrebbero quindi avere «un’autorizzazione di due o tre anni, metterebbe gli enti tutti in una diversa ottica», con la consapevolezza «che quell’autorizzazione non verrà rinnovata, non che “vado avanti tanto tu non mi puoi revocare fino alla fine del provvedimento amministrativo”».
Troppi anche i membri ora previsti in Commissione – «una collegialità di 22 persone è assurda» – e per di più mentre in precedenza i ministeri potevano nominare anche esperti, che davano un apporto prezioso, ora c’è un divieto su questo, i componenti devono essere espressione diretta del ministero anche se: «il nuovo DPR ha determinato un disastro». Sull’apertura dell’adozione a coppie omosessuali infine «terrò conto delle leggi che il Parlamento approverà, dobbiamo fare tutte le aperture necessarie in sede legislativa rispetto a un contesto sociale mutato, ma ricordiamo che alcuni Paesi richiedono determinati requisiti per le adozioni, in mancanza dei quali le adozioni vengono chiuse: è una costatazione».
di Sara De Carli – Fonte