È importante imparare le tabelline a memoria?
Le tabelline come tutti i fatti numerici (non solo moltiplicazioni, ma anche addizioni, sottrazioni e divisioni) hanno un ruolo importante nell’acquisizione delle abilità di calcolo. Sono infatti utilizzate costantemente nella vita quotidiana: nel valutare un costo, nel ricevere il resto, nello stimare il tempo, la distanza… Se non avviene il loro apprendimento o, come dicono gli specialisti, l’automatizzazione, si può notare un “effetto a cascata” su vari compiti di matematica. Lo sforzo che il bambino pone nella soluzione di semplici calcoli, infatti, sottrae risorse cognitive e attentive all’esecuzione del compito, sia esso un problema o un calcolo in colonna. L’effetto sarà il sovraccarico del sistema cognitivo nel suo complesso, e la conseguente difficoltà ad eseguire compito con fluidità e accuratezza.
Per imparare le tabelline le uniche strategie possibili sono solo test a tempo o è possibile raggiungere l’obiettivo attraverso altre vie?
Come sostengono diversi studiosi e come ciascun insegnante può verificare ogni giorno nel lavoro d’aula, alcuni bambini imparano velocemente e senza sforzo, altri impiegano più tempo e alcuni non arrivano ad imparare correttamente tutte le tabelline. Per quanto riguarda l’ambito matematico e specificamente le tabelline, Daniela Lucangeli scrive: “chiaro che ci sono tabelline veramente difficili da memorizzare: se da un lato le tabelline del 10 e del 5 risultano semplici, dall’altro bambini e adulti generalmente incontrano difficoltà di fronte a calcoli quali 7×8, 9×6… Inoltre, i ragazzi che hanno difficoltà di memorizzazione stentano anche a imparare le tabelline più semplici!”.
In Italia, il programma di matematica che emerge dalle Indicazioni Nazionali raccomanda nei primi tre anni di scuola primaria lo studio delle tabelline, ma il discorso sembra impostato più sul ragionamento che sulle abilità di calcolo, in quanto appare valorizzata la capacità di ragionamento e di problem solving. Ciò lascia certamente più libertà nella scelta delle modalità didattiche utili a favorire la memorizzazione delle tabelline.
È certamente opportuno far esercitare gli allievi nel recupero immediato dalla memoria dei fatti numerici, comprese le tabelline, il tutto però attraverso attività gradevoli, giochi semplici e veloci, che siano divertenti e che rendano più piacevole l’apprendimento, come la tombola delle tabelline, il memory e il domino dei fatti numerici, vi sono anche numerosi software didattici accattivanti da usare a scuola con la LIM o a casa. È tuttavia l’attività metacognitiva che stimola il ragionamento e sostiene l’apprendimento, cioè la riflessione su quello che si va ad imparare e su come funziona la propria mente. Tale riflessione sostiene l’acquisizione di strategie e la scelta di quelle più valide.
Semplici test a cronometro, come quelli che la stampa ha attribuito al sistema scolastico inglese, senz’altro favoriscono lo sviluppo di ansia e preoccupazione. Tuttavia, i parametri per stabilire che le tabelline sono state apprese sono fluidità e accuratezza. La fluidità è data dal tempo impiegato dal bambino a rispondere e dà una informazione su quanto il bambino abbia automatizzato il fatto numerico cioè abbia un recupero immediato dalla memoria; la correttezza invece indica il grado di conoscenza. È bene spiegargli quindi perché si usa il cronometro durante le valutazioni, ma in fase di apprendimento non si può chiedere di automatizzare strategie e percorsi di ragionamento con il cronometro in mano; al contrario si deve rispettare il percorso di ciascuno.
Che ruolo hanno le tabelline all’interno dell’apprendimento della matematica?
Le tabelline offrono un feedback immediato di competenza o non competenza in matematica, e possono pertanto influire sulla fiducia nelle proprie capacità caratterizzando tutto il percorso scolastico.
La ricerca nel campo della psicologia dell’apprendimento della matematica ci dice che se le prove inizialmente proposte sono troppo difficili o creano ansia (come i test a tempo), gli alunni non potranno esperire un senso di autoefficacia e facilmente potrebbero essere soggetti a uno stato che viene definito di “impotenza appresa”, che denota l’atteggiamento di un individuo, bambino o adulto, che dopo ripetute esperienze di insuccesso, rinuncia ad agire perché ritiene che le sue azioni non modificheranno la situazione. Espressioni come “Questa cosa non la capirò mai” o “È qualcosa che c’entra con la matematica? Allora lascia stare, tanto non ce la farò mai!” denotano una tendenza a sentirsi “incapaci”, “negati per la matematica” dopo vari fallimenti. Come afferma Daniela Lucangeli nei suoi numerosi interventi, l’insegnante deve predisporre percorsi di insegnamento ma anche di potenziamento proponendo agli allievi sfide ottimali, stimolanti, ma raggiungibili, per evitare l’insorgere di atteggiamenti di sfiducia nelle proprie capacità.
Risulta quindi importante per gli insegnanti, ma anche per i genitori, incoraggiare la distinzione tra la persona e i risultati che ottiene, promuovendo l’attribuzione all’impegno anziché all’abilità nelle varie situazioni, valorizzando per esempio lo sforzo impiegato per memorizzare le “famigerate” tabelline, piuttosto che puntare il dito sulla difficoltà di ricordarle tutte. Come diceva Albert Einstein: “Ognuno di noi è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”.