Il camaleonte delle cooperative bianche, Stefano Bernardi, anima del privato sociale vicino alla sinistra cattolica, assiste impotente alla caduta della scenografia che ha fatto da sfondo, in vent’anni, al suo dannato e seducente spettacolo. Vicino a personaggi politici di lungo corso, circondato da una corte di collaboratori irretiti, affiancato da una spalla brillante e vulcanica, la moglie Cristina Nespoli, Bernardi sin dagli anni ’90 è stato uno dei più spregiudicati imprenditori della città. Lambito da inchieste penali scoppiate tutte come bolle di sapone, era l’uomo che cadeva sempre in piedi. Che sapeva ricostruirsi mille verginità. Senza avere un’immagine pubblica è stato sempre ben introdotto negli ambienti che contano. Svelto a intercettare ogni nuova chance di ricevere finanziamenti, Bernardi ha ricevuto milioni di euro di denaro pubblico. Diventando all’occasione albergatore per disabili con la cooperativa L’Altra Idea, esperto di recupero dei tossicodipendenti con il centro Stranaidea, impresario dei cimiteri con Ics (indagato con il sindaco Sergio Chiamparino ma poi prosciolto per lo scandalo delle esumazioni), intrattenitore turistico con l’associazione di promozione Vov 104 che ha installato la mongolfiera a Porta Palazzo, concessionario di mercati di frutta e verdura a chilometri zero con Vov 102, allevatore di cavalli per l’ippoterapia con Enzo B, a un certo punto ha persino comprato un cascinale con parco nel cuore di Mirafiori, ipotizzando di realizzare lì il campeggio di Torino e — dicono i maligni — strappando qualche promessa di troppo ai politici.

Il sistema che ha tenuto in vita la sua megalomania lo hanno ben descritto un gruppo di ex dipendenti di Ics nel 2010, con denunce penali sempre cadute nel vuoto. Si fonda, nella combinazione più semplice, su due soggetti: la cooperativa «cassaforte » e la società «martire». Entrambe fanno riferimento a un gruppo di amministratori che sono legati tra loro da parentela, da amicizia o da collaborazione di lunga data. Un esempio: Ics partecipa a due appalti entrambi di valore di mercato 100, uno per conto di «cassaforte», uno per conto di «società martire». Entrambe offrono 90, un ribasso eccezionale. Vincono e incassano 180. «Società martire » drena risorse verso «cassaforte » per 50. Alla fine «cassaforte» a fronte di costi per 100 (il valore dell’appalto) ha incassato 140. Invece «società martire» inizia a non pagare erario e Inps, poi lascia indietro i fornitori, non è in grado di restituire i fidi e fallisce. Bruciando una società ogni «x» mesi il sistema si rigenera.

Ma dal 2004 Enzo B è soprattutto pioniere delle adozioni internazionali in Africa. Quella delle adozioni è l’avventura della vita per Bernardi. Sposata come una missione, dopo aver adottato a sua volta. La sola che non è tramontata con un rapido cambio di rotta, e che per lungo tempo gli ha portato prestigio e influenza. Finché la fortuna non gli ha voltato le spalle e le adozioni sono diventate anche quelle un modo per fare cassa e tenere in piedi il castello delle cooperative.
Ci sono voluti vent’anni. Ma a un certo punto è accaduto: i personaggi politici hanno iniziato a prendere le distanze, i soci fraterni lo hanno allontanato, il Comune lo ha sfrattato dalla sede storica a Mirafiori, la Regione gli ha intimato di restituire un finanziamento da 730 mila euro quando si è accorta che Bernardi l’aveva ottenuto come Onlus ma lo stava usando come società a scopo di lucro. Un improvviso colpo di vento ha buttato per aria il castello di carte.
Il risultato è che decine di famiglie che avevano affidato a Enzo B l’incarico di adottare, versando in anticipo migliaia di euro, oggi bussano a una porta cui non risponde più nessuno. Il telefono squilla a vuoto. Le lettere degli avvocati sono respinte al mittente. Ma la delusione e la rabbia no, quelle non tornano indietro, e potrebbero segnare la sua rovina.
di Ottavia Giustetti – Fonte

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